giovedì 29 ottobre 2020

Un caso clinico di Defusione Cognitiva a Mediazione Sensoriale (DCMS)

Questo è un post speciale, perché è il numero 300 dal lancio del blog di cronosomatica (agosto 2010). L’esempio riportato nella fotografia rappresenta un classico caso in cui viene applicata la Defusione Cognitiva a Mediazione Sensoriale (DCMS). Il pensiero sabotante viene spostato dal panorama mentale verso l’esterno mediante la sua verbalizzazione; la narrazione intrusiva trova in questo spostamento uno spazio contenitivo (la misura fisica del foglio) che ne depotenzia l’aggressività e il carattere conflittuale. Questo primo passo genera una transitoria defusione che viene consolidata attraverso l’esercizio quotidiano della DCMS. L’attribuzione della colpa al marito per l’infecondità costituisce l’elemento primario del conflitto di coppia espresso nell’esempio riportato. Leggere il conflitto secondo la teoria polivagale di Porges, significa inquadrare l’attribuzione della colpa (sentimento disadattivo) nel circuito ortosimpatico del sistema autonomico, circuito dominato dalla risposta attacco-fuga. Il progressivo depotenziamento della credibilità del pensiero sabotante attraverso la procedura di Defusione Cognitiva a Mediazione Sensoriale può interrompere l’attivazione cronica del circuito ortosimpatico e consentire il progressivo recupero del freno vagale.

martedì 20 ottobre 2020

L'esercizio posturale della bussola e il potenziamento della resilienza

L’estensione attiva delle dita della mano prevede il coinvolgimento di diversi muscoli per consentire non soltanto la presa, ma anche la motricità fine. Vediamo quali sono: il muscolo abduttore lungo del pollice, il m. estensore breve del pollice, il m. estensore lungo del pollice, estensore comune delle dita, estensore proprio dell’indice, estensore proprio del mignolo, mm. estensori del carpo. Alla somma di questi muscoli (chiamati estrinseci) si aggiungono i muscoli lombricali e gli interossei volari e dorsali (denominati muscoli intrinseci). La compartecipazione complessa di tutti questi muscoli consente l’attivazione del cosiddetto riflesso digitoposturale (Di Spazio, 2019). Si tratta di un riflesso misconosciuto che promuove la direzionalità posturale, cioè la comparsa di movimenti spontanei di antero-, postero- e latero-pulsione; l’estensione volontaria delle dita effettuata in piedi (in ortostatismo) e a occhi chiusi genera una direzionalità posturale senza l’intervento attivo della muscolatura striata. Trattandosi di un riflesso mai stimolato nel corso della vita (se non in modalità inconscia), la sua attivazione necessita all’inizio di diversi secondi (fino a 10-15, tempo estremamente dilatato per un normale riflesso somatico). Quale utilità riveste la conoscenza di questo singolare riflesso? Viene utilizzato nell’esercizio neurale della bussola (Di Spazio, 2019), un esercizio studiato per il potenziamento della postura (in particolare nell’anziano), della resilienza e della sicurezza interiore. Il soggetto in piedi, a occhi chiusi e in ambiente sicuro, esplora le otto direzione classiche della bussola (Nord, Sud, Est, Ovest, Nord-Est, Sud-Est, Nord-Ovest e Sud-Ovest). L’intenzionale iperestensione di singole dita (movimenti mono- e bilaterali) genera inclinazione posturale indotta nella direzione prescelta. E’ possibile che l’inclinazione posturale verso una particolare direzione (per esempio a Est) sia inibita; in questi casi viene ripetuto l’esercizio verso Est fino a risolvere il blocco motorio. Il blocco direzionale indica una resistenza conflittuale nella sfera emotiva dell’individuo e la sua positiva risoluzione attraverso l’esercizio della bussola ha il potere di incrementare il senso di controllo e l’autostima. La ripetizione dell’esercizio perfeziona e consolida il senso di sicurezza interiore, attivando positivamente il circuito ventrovagale del parasimpatico secondo la teoria di Porges; esercitare il riflesso digitoposturale nei difficili momenti di crisi conflittuali della vita potenzia l’autostima e genera la sensazione di dirigere in modo più positivo le proprie azioni e i processi decisionali.

giovedì 15 ottobre 2020

Ridurre l'ansia con lo Shaking (movimento tinassogenico)

Lo shaking, detto anche movimento tinassogenico (dal greco antico “scrollare”, Di Spazio, 2020) è una tecnica di rilascio emozionale utilizzata negli esercizi neurali della Time Rewind Technique (TIRET). Si caratterizza per un movimento volontario eseguito in posizione eretta per 20-30 secondi (ripetibile), in cui si cerca di scuotere la maggior parte della muscolatura degli arti e del bacino insieme. L’esercizio deve essere eseguito mantenendo le piante dei piedi aderenti al pavimento. Si tratta di movimenti mutuati dall’osservazione in natura; dopo essere sfuggita all’attacco del predatore, la preda viene scossa da un fremito prolungato che viene attivato dal sistema nervoso autonomo. In questo modo riesce a scaricare l’eccessiva tensione nervosa accumulata nell’apparato muscolo-scheletrico e resettare i segnali di pericolo e di minaccia vitale accumulati. Si tratta di una modalità istintiva di rilascio emozionale molto utile per riportare il sistema nervoso autonomo in uno stato fisiologico di sicurezza e depotenziare l’iperattivazione dei circuiti limbici cerebrali. Il movimento tinassogenico non deve essere confuso con il metodo TRE (Trauma Releasing Exercises) ideato dallo psicoterapeuta David Berceli, poiché si tratta di un movimento volontario e non di un tremore neurogeno spontaneo. In tutti e due i casi si tratta di esercizi mirati al rilascio della tensione nervosa accumulata per effetto dell’esposizione a eventi avversi. Il movimento tinassogenico può essere effettuato alla fine della giornata per scaricare le tensioni accumulate e riportare il sistema nervoso autonomo a uno stato di sicurezza; per questo motivo può facilitare l’addormentamento e favorire così un sonno ristoratore. (Fonte immagine: archivio Di Spazio)

Cronosomatica e teoria polivagale di Porges


Fonte immagine: archivio Di Spazio


La linea del Tempo di un individuo è caratterizzata dalla sequenza di fasi dinamiche, dove la resilienza è ottimale per lunghi periodi e si riduce drasticamente in altri, poiché viene messa a dura prova dall’esposizione a eventi di natura avversa. 

Credo che la migliore definizione di resilienza non sia quella comune che consiste nella capacità di risposta dell’individuo alle esperienze traumatiche, ma la seguente: RESILIENZA = SICUREZZA. La resilienza non è legata tanto al nostro approccio cognitivo ai momenti critici della vita, ma è affidata alle risorse del sistema nervoso autonomo che reagisce secondo schemi arcaici focalizzati sulla sopravvivenza; si tratta di un modello istintuale, perfezionato lungo una linea filogenetica che si perde nella notte dei tempi. 

Il neurofisiologo americano Stephen W. Porges propone un nuovo modello neurobiologico del sistema nervoso autonomo, superando la classica suddivisione in due rami ad azione antitetica. La nuova configurazione si basa su un modello evolutivo, dal più arcaico al più recente. Sul gradino più basso (circuito rosso dello schema) incontriamo la funzione protettiva del parasimpatico arcaico, caratterizzato dalle funzioni immobilizzanti del circuito dorsovagale (nucleo motore dorsale del vago situato nel tronco encefalico); in questa condizione il sistema nervoso autonomo registra segnali di minaccia vitale. L’organismo collassa (shut down) e si manifesta un quadro di morte simulata (tanatomimesi) come ultima risorsa dissociativa. In natura è il caso della preda in fase agonica quando viene straziata dal predatore. Nella specie umana corrisponde a eventi gravi come nel caso di incidenti, brutali aggressioni, tortura, incarceramento, migrazione forzata. 

Allo scalino evolutivo più in alto (circuito giallo dello schema) corrisponde l’attivazione del circuito ortosimpatico che entra in gioco nei processi di competizione e nei contesti conflittuali e si manifesta con la risposta di attacco o fuga. Superati questi due stati legati ai meccanismi di sopravvivenza, si entra in un livello di affrancamento dai modelli di difesa e autoprotettivi. 

Ci troviamo nel regno governato dal circuito ventrovagale del sistema parasimpatico (circuito verde dello schema); sul piano evolutivo è il gradino più alto, quello che consente l’accrescimento, il benessere e la conservazione della salute. Quando è attivo il circuito ventrovagale, siamo disponibili all’ingaggio sociale, alla coesione e alla condivisione. 

La cronosomatica (stimolazione palmogenica di punti spinali secondo una precisa cronotopia) accompagnata dagli esercizi neurali che rientrano nella Time Rewind Technique (TIRET), consente il rapido rilascio emozionale di traumi passati. In questo modo è possibile risalire velocemente la scala gerarchica del sistema nervoso autonomo verso lo stato di sicurezza e modificare positivamente la narrazione mentale.


 

domenica 4 ottobre 2020

Il semaforo invertito del sistema nervoso autonomo


 


Il neurofisiologo americano Stephen W. Porges propone un nuovo modello neurobiologico del sistema nervoso autonomo, superando la classica suddivisione in due rami ad azione antitetica. La nuova configurazione si basa su un modello evolutivo, dal più arcaico al più recente. Sul gradino più basso incontriamo la funzione protettiva del parasimpatico arcaico, caratterizzato dalle funzioni immobilizzanti del circuito dorsovagale (nucleo motore dorsale del vago situato nel tronco encefalico); in questa condizione il sistema nervoso autonomo registra segnali di minaccia vitale. L’organismo collassa (shut down) e si manifesta un quadro di morte simulata (tanatomimesi) come ultima risorsa dissociativa. In natura è il caso della preda in fase agonica quando viene straziata dal predatore. Nella specie umana corrisponde a eventi gravi come nel caso di incidenti, brutali aggressioni, tortura, incarceramento, migrazione forzata. Allo scalino evolutivo più in alto corrisponde l’attivazione del circuito ortosimpatico che entra in gioco nei processi di competizione e nei contesti conflittuali e si manifesta con la risposta di attacco o fuga. Superati questi due stati legati ai meccanismi di sopravvivenza, si entra in un livello di affrancamento dai modelli di difesa e autoprotettivi. Ci troviamo nel regno governato dal circuito ventrovagale del sistema parasimpatico; sul piano evolutivo è il gradino più alto, quello che consente l’accrescimento, il benessere e la conservazione della salute. Quando è attivo il circuito ventrovagale, siamo disponibili all’ingaggio sociale, alla coesione e alla condivisione.

Fonte immagine: archivio Di Spazio 

giovedì 1 ottobre 2020

Paura della vecchiaia (gerofobia) e sistema nervoso autonomo secondo Porges

 



La frase riportata nell’immagine traduce sul piano cognitivo-emozionale lo stato fisiologico del sistema nervoso autonomo alla luce della teoria polivagale di Porges. 

Il rivoluzionario aspetto di questa teoria è l’interpretazione neurobiologica del sistema nervoso autonomo, visto non più come meccanismo duale nel quale competono la branca ortosimpatica e quella parasimpatica, ma come scala gerarchica evolutiva. Sul piano filogenetico più recente troviamo il circuito ventrovagale del parasimpatico, circuito che nei mammiferi superiori attiva sicurezza, crescita, stato di benessere e coregolazione sociale. Il circuito ventrovagale con le sue fibre nervose innerva l’area anatomica sovradiaframmatica (muscoli facciali, orecchio medio, laringe, cuore e polmoni). Quando è funzionalmente attivo, l’individuo si sente in sicurezza, motivato e disponibile all’interazione sociale. Il gradino più in basso della scala gerarchica filogenetica è occupato dall’ortosimpatico, impegnato nel programma di mobilizzazione (attacco-o-fuga) in risposta ai segnali di pericolo ambientale. All’ultimo gradino in basso si trova il circuito dorsovagale del parasimpatico che innerva gli organi sottodiaframmatici e si attiva dinanzi a segnali di minaccia vitale; in questo caso l’organismo si spegne (shut down) ed entra in modalità stand by. Potremmo rappresentare i 3 livelli del sistema con l’esempio del topolino:

1.      Il topolino mangia tranquillo e con piacere il pezzetto di formaggio (circuito ventrovagale del parasimpatico)

2.      Il topolino viene inseguito dal gatto (circuito ortosimpatico)

3.      Il topolino viene addentato dal gatto (circuito dorsovagale del parasimpatico)

 Durante il giorno il sistema nervoso autonomo oscilla dinamicamente fra questi tre stati e regola l’addestramento della piattaforma neurale. Quando avviene l’esposizione a un trauma (ad una determinata età) il sistema nervoso autonomo si blocca in stato ortosimpatico o in quello dorsovagale) e perpetua questo schema, promuovendo la comparsa di disturbi o malattie. Obiettivo della cronosomatica è quello di facilitare la progressione verso l’alto nella scala gerarchica autonomica per consentire l’attivazione del circuito ventrovagale. La tecnica prevede la stimolazione di un punto della colonna vertebrale secondo l’orologio spinale dei traumi (corrispondente all’età del trauma) e la somministrazione di esercizi di resilienza (Time Rewind Technique). Il pensiero sabotante espresso dalla paziente anziana (vedi foto) non illustra soltanto l'aspetto cognitivo-emozionale, ma richiama la posizione dorsovagale della piattaforma neurale. Le parole esprimono non soltanto un profondo timore per il futuro, ma anche la resa incondizionata verso uno stato fisico destinato inevitabilmente al peggioramento. La permanenza cronica nello stato dorsovagale ha l'effetto di condizionare negativamente la risposta dell'organismo imprigionato nel vicolo cieco della narrazione mentale sabotante.