sabato 23 giugno 2012

Speleoterapia e memoria ancestrale

La speleoterapia o antroterapia consiste nella permanenza all’interno di cavità rocciose (naturali o artificiali come le miniere), dove il particolare microclima aereo, poverissimo di polveri e allergeni, determina una naturale e efficace decongestione delle vie respiratorie; per questi motivi la speleoterapia trova indicazioni cliniche nel trattamento complementare dei disturbi dell’apparato broncopneumonico. Ma la permanenza in queste cavità può influenzare anche lo stato psicoemotivo? Alcuni studi sperimentali con pazienti disabili (vedi un interessante docufilm su youtube della psicoterapeuta Nardella) sembrano dimostrare un’azione positiva. Sono dell’opinione che i possibili benefici della speleoterapia sulla condizione psicoemotiva possano essere ricondotti a una complessa costellazione di fenomeni, fra cui anche l’attivazione di segnali inconsci della nostra memoria ancestrale. Non dobbiamo infatti ignorare che i nostri antenati sono vissuti nelle caverne per decine di migliaia di anni. La permanenza in questi luoghi ha permesso, per un tempo lunghissimo, la possibilità di difendersi dai predatori, di allevare la prole, di accudire anziani e malati, di stoccare il cibo e addirittura di produrre arte. In sostanza, la vita nelle caverne ha offerto all’umanità un vantaggio evolutivo ancora registrato nel nostro patrimonio genetico. (Fonte immagine: viaggiaresempre.it)

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