Fonte immagine: archivio Di Spazio
La solitudine è un sentimento di dolorosa
separazione, di distruttiva disconnessione dal mondo e dagli affetti; un
esempio di solitudine è la cosiddetta hikikomori
(stare in disparte, isolarsi), una patologia che colpisce soprattutto i maschi
adolescenti giapponesi di classe media (disturbo della sfera emotiva che si sta
diffondendo anche in Occidente).
Ma esiste una variante positiva della
solitudine?
Sembrerebbe di sì, a giudicare dalle parole di Cristina Kicca
Lanzoni, in un’intervista rilasciata a Enzo Barillà il 4 dicembre 2017, giorno
di Santa Barbara, protettrice dei minatori.
Cristina Kicca Lanzoni, allieva di
Maurizio Montalbini (1953-2009), detiene il primato mondiale femminile di
permanenza in grotta; ha trascorso 268 giorni (impresa terminata il 20 aprile
1995) in isolamento spazio-temporale nel laboratorio Underlab, costruito nell’Abisso
Ancona delle grotte di Frasassi (AN).
Ho già menzionato la sua incredibile
impresa nel mio ebook Speleoterapia:
azione e cura nella sezione dedicata alla speleonautica, ma in questa
occasione il suo nome è legato al neologismo da lei coniato: solitarietà.
Si tratta di un sentimento
che descrive come “una vita in solitaria ma non in solitudine”. Nel totale isolamento
ipogeo, condizione potenzialmente devastante per la maggior parte degli umani,
Cristina Kicca Lanzoni ha sviluppato un sentimento raro, ma possibile e che
merita a pieno diritto di rientrare nell’Atlante dell’Emozionologia: la
solitarietà.
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