Il nostro processo evolutivo è frenato dal persistente predominio di schemi arcaici rettiliani, che ha saputo sfruttare al meglio le potenzialità delle reti corticali per affinare il brutale istinto di predazione. In tutto questo enorme -per i nostri parametri- intervallo temporale, siamo riusciti ad occultare lo sbranamento della preda attraverso forme e modelli apparentemente meno sanguinari, ma molto simili negli effetti. Questa sofisticata arte di predazione viene costantamente dissimulata attraverso strategie elusive, che l'ego rettiliano ha sviluppato e riproduce di continuo nelle dinamiche socio-affettive, politico-economiche e storiche.
Solo la necessaria transizione dallo stadio di umanoidi a quello di umani può garantire la sopravvivenza del mondo che abitiamo e di cui siamo ingrati ospiti.
Senza il coraggioso sviluppo di doti come empatia, rispetto, affetto e condivisione, rimaniamo individui ipoevoluti: menti egocentriche imprigionate nella gabbia del conflitto, della sopraffazione, dell'abuso e della brutale predazione. Ma non dimentichiamo che il dolore può generare solo e unicamente dolore. L'unica via di salvezza è alleggerire il carico tossico delle nostre memorie rettiliane e volare più leggeri verso gli altri.
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