Fonte immagine: archivio Di Spazio |
Un fenomeno antropologico poco studiato è il tatuaggio del
lutto, cioè la modalità con cui si tenta di preservare il ricordo di un
familiare scomparso. In questo caso viene tatuato il nome, la data di morte e
addirittura l’immagine del congiunto accompagnata da una affermazione del tipo “non
ti dimenticherò mai” oppure “insieme per sempre” come segno indissolubile del
legame affettivo con chi non c’è più. In questo modo si tenta di sottrarre all’oblio
la memoria del familiare e di impedirne la dissoluzione. Le persone che ho
intervistato riferiscono che la realizzazione del tatuaggio ha attenuato il
dolore della perdita e il conflitto emozionale seguito all’evento traumatico.
Credo inoltre che questo tipo di tatuaggio possa rappresentare una forma di
autocura, perché determina una forma di defusione
cognitiva. In altre parole, il tatuaggio sposta parzialmente il segnale di
dolore dal paesaggio mentale (mondo interiore), superficializzandolo all’esterno, sulla cute. Si tratta quindi di
una forma inconsapevole, ma potenzialmente efficace di patoferesi, cioè di trasferimento del dolore mediante l’azione del
tatuaggio.
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